L’ordinanza della Corte di Cassazione n. 23934/08, sulla domanda di rettifica nell’atto di nascita del cognome, con la sostituzione di quello materno a quello paterno, su istanza concorde di entrambi i genitori, appare significativa.
Rimettendo gli atti al Primo Presidente, per l’eventuale invio alle sezioni unite, la I sezione civile della Corte, sottolinea la rilevanza giuridica e sociale della questione, sia a livello nazionale che europeo. Sembra a tale sezione opportuno, in relazione alla delicatezza ed alla rilevanza della problematica sollevata, che si esprima la Corte nella sua interezza.
E’ sempre più frequente l’instaurazione, da parte dei genitori, di procedimenti giudiziari che abbiano ad oggetto la scelta del cognome da dare alla propria prole: alcune domande chiedono per il minore l’attribuzione di entrambi i cognomi, quello materno e quello paterno, altre solo il cognome materno.
Lo storico giuridico, in tema di attribuzione del cognome ad un individuo, nelle Nazioni della Comunità Europea ha seguito strade diverse. In Italia, vi è una secolare normativa chiara e di diretta applicazione (attribuzione automatica ed esclusiva del cognome paterno), che a tutt’oggi, non ha subito alcun cambiamento; non si può dire lo stesso per altre Nazioni Europee. Esempi tipici possono essere la Germania e la Danimarca, ma non solo. Molti Paesi hanno tentato, con variazioni legislative più o meno innovative, di dare una risposta alla sempre più ampia domanda di attribuzione, congiunta od esclusiva, del cognome materno.
La Comunità Europea, più volte si è soffermata sulla necessità di rendere concreto il principio di uguaglianza tra i due sessi, e in alcuni casi espressamente, tra marito e moglie nelle questioni famigliari (Consiglio d’Europa 27 settembre 1978 n. 37 – Consiglio d’Europa 28 aprile 1995 n. 1271 – Consiglio d’Europa 18 marzo del 1998 n. 1362).
Il Trattato di Lisbona, sottoscritto il 13 dicembre 2007, dai 27 membri dell’Unione Europea, è l’ennesima convenzione, che ribadisce chiaramente e senza dubbio alcuno, il diritto della donna ad essere eguale all’uomo ( artt. 7, 21, 23). L’Italia, ha ratificato il trattato il 2 agosto del 2008.
Ora è inutile continuare a firmare e successivamente riconoscere solo sulla carta, le normative comunitarie. Prima la Corte Costituzionale, con la sentenza n. 61 del 2006, poi la Cassazione, con la sentenza n. 23934 del 2008 (solo per citare le più recenti), ribadiscono la necessità di un intervento del nostro legislatore celere ed efficace. La Cassazione si spinge anche oltre dichiarando “….si dovrebbe aprire la strada all’applicazione diretta delle norme del trattato stesso e di quelle alle quali il trattato fa rinvio…..”.
La giurisprudenza pratica risponde in modo inequivoco ed efficace ai cambiamenti sociali, ma non spetta a lei creare e produrre diritto, spetta al Legislatore.
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